Comitato Regionale

Sardegna

Capitane Coraggiose. La storia di Mary

Nel nostro Comitato in particolare c’è un gruppo di “Capitane Coraggiose”, non amano molto stare sotto i riflettori ma per noi li meritano tutti. Parlare con loro, sentire i loro racconti ci fa comprendere la forza sociale delle nostre attività nel territorio.

 

L’UISP in occasione del settantesimo anno di fondazione aveva deciso di dar voce all’esperienza di donne che, nell’ambito dello sport e dell’Uisp in particolare, avevano fatto scelte coraggiose. Oggi, per fortuna, queste storie si sono moltiplicate e sono sempre di più le donne che nella nostra associazione si distinguono per il loro lavoro e il loro impegno.

Nel nostro Comitato in particolare c’è un gruppo di “Capitane Coraggiose”, non amano molto stare sotto i riflettori ma per noi li meritano tutti. Parlare con loro, sentire i loro racconti ci fa comprendere la forza sociale delle nostre attività nel territorio.

Iniziamo con Mary Tanda.

 “Quando facevo le elementari, ogni volta che mia madre mi dava la merenda mi ricordava di mangiarla perché avevo il vizio di regalarla sempre a qualcuno”. Inizia così il racconto di Mary Tanda, operatrice UISP e coordinatrice dei progetti Fiocchi in Ospedale e Punto Luce, promossi in partnership con Save the Children. “Mia madre era una persona molto esigente, tendeva a non vedere mai difetti nel comportamento di noi figli. Era amorevole, apprensiva, protettiva e io non lo tolleravo. A 22 anni decisi di staccarmi da quest’eccesso di protezione e mi spostai da casa, ma continuò a rimproverarmi perché, all’epoca, mi occupavo di volontariato e, a sua detta, l’impegno che ci mettevo era eccessivo. Decise di chiamarmi Maria come dedica a mia nonna, anche se per tutti sono sempre stata Mary, sia nel lavoro ché nella vita privata.

Nonna Maria oggi non c’è più, mentre nonna Lole ha da poco compiuto novant’anni. Nel quartiere di Monte Rosello la conoscono tutti perché, per anni, senza che nessuno glielo chiedesse, ha preparato da mangiare per numerose famiglie del quartiere. Un intervento privato e silenzioso, una di quelle cose che fai quasi per vocazione, senza aspettarti niente. “Ha un temperamento forte”, riporta Mary, “Ancora oggi vuole dirti cosa fare e come, vuole sempre avere ragione. Quando però a scuola regalavo la merenda, lei non faceva come mia madre, non mi imponeva il divieto di donarla, mi diceva che avevo fatto bene. Se penso al lavoro che faccio mi viene in mente lei, credo mi abbia trasmesso la predisposizione all’ascolto e all’aiuto”.                               

Dopo il diploma all’Istituto Tecnico Femminile, oggi ITAS (Istituto Tecnico per Attività Sociali) Mary prosegue gli studi nel Corso Regionale per Operatore Sociale. A scuola non è una cima ma tutto sembra essere a suo favore. È seduta al primo banco, sotto lo sguardo vigile dei professori, ma chiacchiera un sacco e ride di continuo; alle interrogazioni legge spudoratamente, eppure ai colloqui i professori non fanno che ripetere che Mary è bravissima e diligente. “Ho sempre avuto la capacità di improvvisare riuscendo a fare bene alcune cose. Mi facevo voler bene ma non credo sia mai stato un atteggiamento strategico, faceva semplicemente parte della mia natura”. Arriva il diploma e poco dopo inizia il volontariato nella struttura “Il rifugio Gesù Bambino”, una comunità per minori. “Avevo 18 anni e mi occupavo di accompagnamento allo studio. I casi più difficili in genere erano sempre quelli che m’incuriosivano di più. Più sentivo di avere di fronte una situazione complessa e più mi appassionavo. A questo proposito ricordo una ragazza della comunità con la quale faticai molto ad entrare in relazione. Dopo qualche anno lasciai la comunità per dedicarmi ad un altro lavoro. Tornai per un saluto, a distanza di molto tempo e mi raccontò di essersi laureata; era ancora lì, faceva ancora parte della comunità, ma non più come ospite, era diventata un’educatrice”.

Lavorare per gli altri è impegnativo e Mary lo scopre da subito. Non ha neanche vent’anni quando inizia a rendersi conto che vive per il lavoro. Da animatrice di Estate Bimbi a coordinatrice, poi a scuola con le attività dello SGA (Sport Gioco Avventura). Si lavora anche di sabato e di domenica, è lì tutti i giorni e il rapporto con i colleghi inizia a diventare la sua vita. Più passa il tempo e più le mansioni si caricano di responsabilità. Poi arriva una novità. L’UISP deve gestire un Centro Educativo a Sassari, e Mariapina Casula, allora presidente del comitato, le propone di coordinarlo. Mary che nel frattempo aveva maturato un’importante esperienza coordinando il centro di aggregazione di Osilo, pensa però di non essere all’altezza. “C’erano persone che avevano un’esperienza molto superiore alla mia e che già da anni lavoravano in UISP, ma Mariapina mi incoraggiò e mi disse che la persona più adatta a quell’incarico ero io, che avrei dovuto prendermi la responsabilità di espormi, e così feci. Scoprì poco dopo che non era l’incarico in sé a spaventarmi, quanto la mole infinita di numeri e dati, riepiloghi e rendicontazioni che a quel ruolo erano associati. La parola rendicontazione, ad esempio, è una parola terribile per me!”

Quasi vent’anni nel gruppo UISP, una vita, verrebbe da dire. “Mi sono innamorata di UISP attraverso le persone. Mi hanno trasmesso passione, valori, tutte quelle cose che di solito si decantano ma che è difficile trovare davvero: solidarietà, inclusione, accoglienza. Più conoscevo le mie colleghe - due su tutte: Irene e Emanuela - più mi sentivo fortunata a stare in quell’ambiente. Persone che sono rimaste le stesse anche a distanza di molti anni. Siamo persone molto diverse a livello umano e caratteriale, a unirci è la passione per lo stesso lavoro e la commistione di valori importanti”. 

Lavorare per gli altri, in alcuni casi, significa soprattutto saper ascoltare. Lo chiediamo a Mary quanto sia importante e le chiediamo anche perché, ascoltare e aiutare, siano attività capaci di renderci più felici. “Ascoltare è l’attività più importante in qualsiasi relazione, anche quando ti parlano di cose che non sembrano troppo importanti. Ascoltare ci permette di capire, di entrare in empatia con l’altro e solo dopo possiamo pensare al modo di renderci utili. Da soli non ci salviamo. Ci si salva sempre insieme. Da soli si può fare un pezzo di strada ma poi ci si ferma. Per proseguire abbiamo bisogno degli altri ed è dando agli altri che cresciamo. La felicità è nello scambio, nell’interazione, ci deve essere qualcosa che si muove tra le persone, qualcosa che va e che poi ritorna”.

Carattere solare, sorriso contagioso dopo tanti anni non mancano. Ogni giorno Mary nel suo lavoro affronta situazioni complesse riuscendo a cucire uno per uno rapporti di vicinanza e fiducia con i giovani e le famiglie dei progetti a cui si dedica come una vera Capitana Coraggiosa. Affinché nessuno resti indietro mai.

(Pasquale Posadinu - Laura Caggiari Ufficio Stampa UISP Sassari)